La mostra a Venezia espone opere dedicate al tema della migrazione del maestro bosniaco Safet Zec, artista di straordinarie qualità espressive
di redazione
VENEZIA – Il grido disperato delle figure in sequenza lascia un segno indelebile. Figure spesso purtroppo bambini a cui è stato sottratto tutto. Sono figure che danno forma a EXODUS, la mostra inaugurata il 13 maggio scorso negli spazi della Chiesa della Pietà in Riva degli Schiavoni.
Visitabile fino al 30 novembre 2017, la mostra espone opere dedicate al tema attuale della migrazione del maestro bosniaco Safet Zec. Considerato dalla critica internazionale artista di straordinarie qualità espressive.
L’esposizione è straordinaria quanto insolita, imperniata più che su singole opere su un ciclo organico di figurazioni che richiamano la dimensione biblica dell’esodo di migliaia di migranti. Il ciclo creato per questa circostanza dall’artista nel suo studio a San Francesco della Vigna a Venezia, eccezionalmente aperto al pubblico durante il periodo della mostra. Gli immensi teleri che compongono i due straordinari polittici di 10 metri per 3 danno voce e forma alla tragica condizione alienante del rifugiato.
«Nei suoi grandi pannelli dipinti con tecnica mista allestiti nello spazio sacro della Chiesa della Pietà, in dialogo con i capolavori di Tiepolo – sottolinea il curatore Giandomenico Romanelli – Zec ritrova le linee portanti della sua ricerca trentennale. L’impegno contro ogni guerra e la feroce inutilità della violenza».
L’imponente ciclo pittorico realizzato da Safet Zec espressamente per questo spazio sacro aggiunge nuove note emotive al contesto artistico, architettonico e musicale che caratterizza la Pietà. Istituzione benefica fondata nel 1346 che da secoli a Venezia e nel mondo è sinonimo di accoglienza e tutela dell’infanzia abbandonata, ma anche di eccellenza musicale. La Pietà è infatti conosciuta anche come Chiesa di Vivaldi perché il Prete rosso entrò come maestro del coro all’Ospedale della Pietà.

Exodus è un emozionante itinerario che permette al visitatore di arrivare a comprendere l’intimità artistica di Zec. Come? Entrando anche nel suo studio per approfondire la sua conoscenza.
Un percorso che il visitatore può fare iniziando a lasciarsi alle spalle la cosmopolita e affollata Riva degli Schiavoni per dirigersi a San Francesco della Vigna passando per il campo della Bragora.
Lungo questo percorso che segue la biografia artistica del maestro, la prima tappa è la Scoletta della Bragora in Campo Bandiera e Moro. Qui nel colore della Venezia più popolare e vissuta, in uno spazio suggestivo, sono raccolte le incisioni più significative di Safet Zec, tra i massimi maestri della calcografia.
La seconda tappa è invece lo Studio del maestro, a pochi passi dall’Arsenale. Nel cuore di una Venezia defilata e autentica, a un passo dai padiglioni della Biennale, si entra dunque nel laboratorio dell’artista. Posto di fronte alla facciata Palladiana di San Francesco della Vigna, nella calle omonima al numero 2817. Colori, matite, bulini, punte secche, pennelli, barattoli, tavolozze, stracci, carte, tele testimoniano la convinzione profondamente radicata in Safet. Ovvero che l’arte si fa con le proprie mani e con la padronanza della tecnica e degli strumenti che appartengono alla tradizione e alla storia. Continuano a vivere nel presente attraverso una sensibilità e una ricerca artistica che si rinnovano in un linguaggio sempre nuovo e contemporaneo.
«Senza il talento accompagnato allo studio, all’applicazione, alla testardaggine, alla volontà ferrea, alla fatica e all’impegno indispensabili a raggiungere la padronanza assoluta della tecnica – afferma Safet Zec – anche l’ispirazione più alta resterebbe velleitaria».
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