Al via a Ferrara la Biennale Donna, in cui cinque artiste internazionali indagano il tema sulla difficile vita su un pianeta sconvolto dai cambiamenti climatici
FERRARA – Ha preso il via il 27 marzo la XIX edizione della Biennale Donna torna ospitata fino al 29 maggio al Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara.
La mostra dal titolo Out of Time: Ripartire dalla natura, a cura di Silvia Cirelli e Catalina Golban, è una collettiva di cinque artiste internazionali: Mónica De Miranda (Portogallo), Christina Kubisch (Germania), Diana Lelonek (Polonia), Ragna Róbertsdóttir (Islanda) e Anaïs Tondeur (Francia).
OUT OF TIME (Fuori Tempo) illustra la necessità di ripensare le strutture radicate, di riorganizzare le pratiche consolidate in ambito sociale ed economico e di mostrare i legami con il dibattito ecologico in corso. La mostra è organizzata dal Comitato Biennale Donna dell’UDI e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna.
Il nuovo rapporto con l’ambiente
È da qualche decennio che si sta rafforzando una consapevolezza diversa nei confronti dell’ambiente naturale che ci circonda. L’attuale epoca antropocentrica ha bisogno di essere ripensata tramite nuovi paradigmi, che potrebbero prefigurare un modo altro di essere nel mondo. Anche l’arte dunque si fa portavoce, attraverso i propri strumenti e linguaggi, delle questioni ecologiche più pressanti.
Le riflessioni che ne derivano, attraverso una poliedricità di linguaggi artistici (installazioni, fotografie e video), vanno a costituire la mostra che intende esplorare il rapporto tra l’essere umano e l’ambiente e le interazioni tra entrambi i soggetti. Altro obiettivo è quello di porre l’attenzione sulle modalità di appropriazione dell’ambiente come conseguenza drammatica dello sfruttamento delle risorse naturali.

La mostra
Le opere delle cinque artiste indagano gli scambi e la possibile alleanza tra tutti gli esseri viventi ospitati da questo pianeta. Differenti modelli di lettura e varie prospettive richiamano l’attenzione sui modi in cui la natura è stata stravolta dall’egemonia dell’essere umano, mettendone in luce le ripercussioni sia sull’ambiente che sul tessuto sociale.
L’intreccio tra diverse sperimentazioni artistiche si inserisce in un più ampio e proficuo dialogo con le scienze, a dimostrazione di come la cooperazione e la ricerca socio-economico ed ecologica siano essenziali per allenare un pensiero comune che scardini la visione antropocentrica.
Le artiste
La mostra si apre con l’islandese Ragna Róbertsdóttir, artista da una forte cifra minimalista, che sorprende per l’impiego di componenti dall’evidente potenza materica.
La francese Anaïs Tondeur, invece, si concentra su una pratica artistica di derivazione scientifica, frutto di studi realizzati con la collaborazione di geologi, oceanografi, fisici e antropologi. A seguire il mondo visionario di Mónica De Miranda, la cui eredità culturale la porta a esplorare l’evoluzione ambientale da un punto di vista antropologico.
La prevaricazione dell’uomo sulla natura torna baricentrica anche nel percorso creativo della polacca Diana Lelonek, che si focalizza sulla possibilità di soluzioni alternative di convivenza e coesione fra mondo naturale e mondo umano. Chiude il percorso espositivo Christina Kubisch, una delle più incisive figure della sound art tedesca, che proietta “paesaggi acustici” attraverso l’esplorazione del potere del suono, indagando il cosiddetto inquinamento acustico silenzioso.
Immagine d’apertura: particolare dell’opera di Mónica De Miranda, All that burns melts into air, 2020 Courtesy l’artista e Sabrina Amrani, Madrid
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