di Jean Luc Dutuel
Roma, venerdì 28 ottobre 2016 –
Direttamente dall‘ormai sempre più ambiguo Sundance arriva questo lavoro di Matt Ross per il quale e’ stato scomodato anche il filosofo della disobbedienza civile Hennry David Thoreau. Il Sundance, come già accennato in passato,
sta perdendo la freschezza dei primi anni per premiare sempre di più opere (che si rivelano anche successi al box-office) qualitativamente della stessa sostanza di cui sono realizzate le opere di grande budget.
Non fa eccezione Captain Fantastic, “favola” bucolica in cui si immagina una famiglia vivere a contatto con la natura, vivendo di quello che offre la terra, lontano dalla società dei consumi, seguendo quindi l’insegnamento di Thoreau nel suo capolavoro Walden, peccato che il filosofo scriveva e viveva oltre due secoli fa, in una societa’ come quella americana del 1845, ancora in pieno stato di natura, (ricordo che i primi giacimenti auriferi vennero scoperti in California nel ’48).
Il film vuole, almeno inizialmente, lanciare un messaggio critico sul nostro mondo ma lo fa dall’ interno. Diceva Roland Barthes, semiologo e linguista di indubbia fama, ”come si puo’ criticare il mondo e la cultura americana dall’interno se fin dalla nascita la forza della propaganda di quel tipo di società e’ cosi dirompente, non solo verso i suoi cittadini ma verso il mondo intero?”
Il film narra la vicenda di Ben che vive con la moglie e sei figli nelle foreste del Pacifico nord-occidentale, completamente isolato dalla società, ma lui e’ un padre devoto che si dedica all’insegnamento accademico, dalla fisica quantistica alla filosofia, per la crescita culturale dei suoi figli, una sorta di genietti inespressi. Presto, una tragedia si verifica, costringendo la famiglia a lasciare il loro piccolo paradiso. L’impatto con la società reale, quella dei consumi si rivela ovviamente scioccante, ed e’ proprio in questo contrasto banalissimo,che poteva andare bene ai tempi di Frank Capra, che si dipana la vicenda che trasformerà la loro vita.
Quindi il film è costruito in modo molto molto lineare e prevedibile. E’ quasi presuntuoso nel voler criticare una società complessa come quella americana, che forse capiamo meglio noi europei che loro stessi, attraverso la dicotomia troppo semplicistica tra un mondo consumistico, violento, arrogante e una società naturale, colta e pacifica. Non mancano le citazioni di Noah Chomsky, su come ribellarsi ad un certo tipo di pensiero dominanate ma tutto si risolve come nelle classiche comedy a stelle e strisce in modo del tutto scontato… Quanto può essere indipendente una pellicola che pretende di scuotere lo spettatore ma poi scivola nei canali della rassicurazione?
Se si eccettua qualche bell’ immagine anche la messa in scena e’ piuttosto scarsa. Rocce infinite musica pop scontata. Menziona a parte per Viggo Mortensen a proprio agio nel ruolo, l’unica nota giusta in un film che non lascia tracce.
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