Viaggio nell’arte di Caravaggio, grande artista, comunicatore e rappresentante dell’esistenza umana: del dolore, del patire, dello sperare
di Rosario Rito
Tra i tanti titoli che potremmo attribuire a Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio, credo che si potrebbe inserire la dicitura “l’artista dello specchio” (senza dimenticarci però che prima di lui fu Leonardo a usare questa tecnica). Fu proprio Leonardo a scoprire che attraverso lo specchio si poteva vedere già l’opera finita.
Per Caravaggio il momento giusto fu quando decise di realizzare l’Autoritratto in veste di Bacco, 1593-1594 (detto anche Bacchino malato). Fu uno dei suoi primi autoritratti e molto probabilmente l’idea dello specchio per eseguire l’opera venne in mente a Caravaggio durante la sua convalescenza in seguito al ricovero presso l’ospedale della Consolazione dovuto forse per una ferita alla gamba causatagli dal calcio di un cavallo.
Per Caravaggio il momento giusto fu quando decise di realizzare l’Autoritratto in veste di Bacco, 1593-1594 (detto anche Bacchino malato). Fu uno dei suoi primi autoritratti e molto probabilmente l’idea dello specchio per eseguire l’opera venne in mente a Caravaggio durante la sua convalescenza in seguito al ricovero presso l’ospedale della Consolazione dovuto forse per una ferita alla gamba causatagli dal calcio di un cavallo.
Sin da giovanissimo inizia a dipingere con l’aiuto del suo maestro Simone Petersano e impara a usare i colori e a renderli vivi, naturali, al punto da riuscire a rappresentare le fragilità dell’umano. E questo grazie a tre tecniche particolari che tutti conosciamo.
Come è risaputo, oltre a dipingere su un fondo nero, i suoi modelli erano scelti tra la gente comune, persone semplici, ignorate dall’alta società. Caravaggio inoltre usava principalmente il suo volto per raffigurare personaggi destinati a cattiva sorte, come nel caso del quadro Davide con la testa di Golia (1609-1610), esposto alla Galleria Borghese di Roma.
Come è risaputo, oltre a dipingere su un fondo nero, i suoi modelli erano scelti tra la gente comune, persone semplici, ignorate dall’alta società. Caravaggio inoltre usava principalmente il suo volto per raffigurare personaggi destinati a cattiva sorte, come nel caso del quadro Davide con la testa di Golia (1609-1610), esposto alla Galleria Borghese di Roma.

In questo dipinto di cui si dice che fosse l’ultima sua opera, oltre alla bellezza e perfezione dei volti, si osserva la purezza nei colori dei corpi. I personaggi che sembrano essere in una camera oscura, son travolti da un raggio di luce che penetra da una porta o finestra. Per Caravaggio dunque nulla era lasciato al caso, poiché, andare oltre il raffigurativo, significava condurre l’osservatore a comprende ciò che il grande artista voleva comunicare.
Il suo stile porta a considerare Caravaggio il più grande comunicatore silente dell’esistenza umana: del dolore, del patire, dello sperare. Frammenti di vita che lui sa trasmettere attraverso corpi con volti straziati dal dolore e sguardi smarriti, come può essere smarrita l’anima di ogni uomo che cerca la luce e la speranza.
Il suo stile porta a considerare Caravaggio il più grande comunicatore silente dell’esistenza umana: del dolore, del patire, dello sperare. Frammenti di vita che lui sa trasmettere attraverso corpi con volti straziati dal dolore e sguardi smarriti, come può essere smarrita l’anima di ogni uomo che cerca la luce e la speranza.

Speranza che lui sa fare emergere in modo chiaro e sintetico nel dipinto Le sette opere della Misericordia (1606/07). In questo quadro straordinario che lui fa per la sede del Pio di Ponte (NA) è l’esempio più tangibile della straordinarietà del Merisi a rappresentare i doveri della persona, che possono essere adempiti solo attraverso un’acquisizione civica e civile. Cosa che purtroppo anche se non aveva o possedeva, ha saputo, attraverso i suoi quadri, portare in luce.
Era lui stesso a sostenere che quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita e lui viveva per la forma, ma solo quella artistica.
Concludo citando una frase dello stesso Caravaggio: “Prendo in prestito dei corpi e degli oggetti, li dipingo per ricordare a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo tutto. In questa magia l’anima mia risuona dell’Unico Suono che mi riporta a Dio”.
Era lui stesso a sostenere che quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita e lui viveva per la forma, ma solo quella artistica.
Concludo citando una frase dello stesso Caravaggio: “Prendo in prestito dei corpi e degli oggetti, li dipingo per ricordare a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo tutto. In questa magia l’anima mia risuona dell’Unico Suono che mi riporta a Dio”.
Immagine d’apertura: Caravaggio, particolare dell’Autoritratto in veste di Bacco, 1593-1594
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