Cinema

Cervello e Cinema: come il Cinema ha influenzato la ricerca neurologica

persona bergman

di Jean Luc Dutuel

Roma, martedì 18 aprile 2017 – 

“Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, discutere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima”.

persona bergmanCosì parlava Ingmar Bergman circa cinquant’anni fa prima dell’uscita del suo film più complesso, “Persona”, meno appariscente del Settimo Sigillo ma probabilmente la sua opera massima. Il film narra di un’attrice Elisabeth Vogler, che durante uno spettacolo perde il senso di ciò che sta facendo, inizia a ridere e si chiude in un ermetico mutismo. Alma, l’infermiera dalla personalità più spontanea, interpretata da Bibi Andersson, cerca di stabilire un contatto con lei e di entrare in empatia. Alla fine le due personalità si confondono, si mescolano e probabilmente Alma, anima, è solo una proiezione inconscia, uno specchio della mente di Elisabeth Vogler.
Proprio il film “Persona” ha inaugurato la Prima Rassegna “Cervello e Cinema. Come il cinema ha influenzato la ricerca sul cervello”, che si è tenuta nei locali dello Spazio Oberdan di Milano, sede ormai celebre per i cinefili lombardi e non solo. Sette film commentati e analizzati da dodici docenti di neurologia, neurofisiologia, psicologia, psicanalisi, criminologia che hanno interessato un audience curioso e numeroso per parlare di come il cinema agisca sui processi mentali degli individui.

I docenti di neurologia Carlo Caltagirone dell’Università Tor Vergata di Roma e Vittorio Gallese dell’Università di Parma hanno illustrato il ruolo dell’identificazione filmica, con loro anche molti altri professori. Carlo Caltagirone è famoso per la celebre affermazione per cui il cinema è stato voluto e creato da un’equipe di neurologi per studiare le reazioni della mente di fronte a determinati flussi d’immagine. I Lumière, Melies, Edison sarebbero stati solo degli esecutori tecnici, degli artigiani, al servizio di menti scientifiche. Addirittura Lacan, celebre psichiatra francese, negli anni ’30 parlava di un esperimento, uno dei tanti, di Nikolaj Tesla.
Vittorio Gallese fa parte invece dell’equipe di UniParma che negli anni ’90 ha scoperto e sperimentato il ruolo dei neuroni a specchio, ovvero particelle di cui si dubita della reale esistenza ma di cui si può percepire il movimento solo attraverso variazioni del flusso sanguigno, che si attivano sin dall’infanzia quando si compie un’azione e quando vediamo gli altri compierla, e non si limitano all’imitazione gestuale ma ne comprendono il significato intrinseco, agendo a specchio appunto anche nel linguaggio. 

Tornando al film di Bergman si parla infatti di visione apatica ovvero un’immedesimazione tra le due donne (ma sono veramente due?) così forte tanto che ognuna diventa complementare per l’altra, come le immagini finali fanno chiaramente intendere per non parlare dei nomi. L’attore ha perduto l’anima ma nel ritrovarla deve rinunciare ad un ruolo precostruito, falso, la maschera appunto e semplicemente tornare ad essere sé stesso. Il conflitto tra essere e sembrare, dilemma apparentemente artistico diventa in realtà fulcro dell’era mediatica.
Attraverso il film El Clan di Pablo Trapero si è spiegato perché il cervello incamera meglio i brutti ricordi e perché la mente ricorda meglio fatti e persone malvage. Lo psicologo Germano Manco ha parlato di un sistema adattativo della mente, ovvero i ricordi tendono a focalizzarsi su determinate situazioni stimolate anche dalle influenze esterne, discorsi ascoltati inconsciamente, notizie da web, tv che sviluppano un sistema di autodifesa. La professoressa Alice Mado Proverbo, che insegna Neuroscienze Cognitive a Milano-Bicocca, ha spiegato che le informazioni negative vengono come selezionate dalla mente e aiutano a captare il pericolo.
Al vaglio delle analisi scientifiche durante la rassegna Cervello e Cinema – e per tematiche relative alla funzionalità del cervello, come l’elettroshock, il cervello che mente, identità sessuale, sclerosi multipla e perdita della memoria – film quali Gone Girl (Amore Bugiardo) di David Fincher,  Desde Alla (Ti guardo) di Lorenzo Vigas, Go Now di Michael Winterbottom, Alla ricerca di Dory Disney-Pixar di Andrew Stanton.

In conclusione il forum ha mostrato quanto possa essere importante il cinema anche per capire determinati meccanismi della mente, concentrata su uno schermo in una sala buia, un film non è mai come pensano molti “solo un film” ma un mezzo che può aprire enormi prospettive per lo studio di patologie degenerative e psicologiche. Il cinema come arte inconscia ed emotiva par excellence può essere un fattore vincente per raggiungere come citava Bergman all’inizio dell’articolo” le stanze segrete della psiche” che nell’antica Grecia veniva identificata come  il soffio vitale, l’anima, Alma appunto. Il maestro di Faro, ancora una volta aveva ragione.

 

 

 Immagine: film ‘Persona’ di Ingmar Bergman

 

 

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