Nomi d’eccellenza della danza contemporanea per ILove, uno degli spettacoli del ciclo Il Teatro che danza.
di redazione
ROMA – “Il Teatro che danza” è la rassegna con la quale il Teatro di Roma presenta 7 nomi d’eccellenza del panorama della danza contemporanea italiana e internazionale, con 8 spettacoli e 17 recite. Il ciclo di balletti inizia proprio oggi, al Teatro India con ILOVE della compagnia Fattoria Vittadini. La regia e coreografia è di Cesare Benedetti e Riccardo Olivier. ILove darà quindi inizio alla carrellata di spettacoli di danza al Teatro India. Si esibiranno il 10 e il 12 dicembre la Compagnia Adriana Borriello con Col Corpo Capisco. I giorni seguenti, il 12 e il 13 dicembre, la Compagnia Abbondanza/Bertoni con Le fumatrici di pecore. E ancora, Enzo Cosimi presenta Fear Party il 15 e il 17 dicembre e Bastard Sunday il 18 e il 19 dicembre. Zaches Teatro porta in scena il 22 e il 23 dicembre invece Minotauro coreografia e regia Luana Gramegna. Sempre negli stessi due giorni(22-23 dicembre) la compagnia Xe di Julie Ann Anzilotti porta in scena “… e d’oro le sue piume”. Mentre al Teatro Argentina la Compagnia Virgilio Sieni chiude il ciclo ‘Teatro che danza’ con l’acclamata Le Sacre, dall’ 8 al 10 gennaio.
Si inizia quindi stasera con ILOVE, in programma anche domani (29 novembre ore 18), al Teatro India. Un duetto tutto al maschile che parla d’amore. Cesare Benedetti e Riccardo Olivier iniziano a creare questo spettacolo autobiografico quando ancora erano una coppia e hanno continuato anche quando si sono lasciati. L’amore è come questo viaggio in treno. Ci si lascia e ci si ritrova… disse una volta Glorious Spring.
ILove racconta la storia di due personaggi che si ritrovano a condividere lo stesso spazio: si studiano, si presentano, provano a esporsi. Cercano loro stessi, la loro relazione, il loro essere uomini. Lo spettacolo si muove sulla domanda “ma cosa vuol dire essere Uomo?” ‘Mascolino’, ‘maschile’, ‘macho’, ‘vero uomo’, etichette con cui si gioca in scena, le si indossa, ci si confronta.
Pose plastiche di una classicità più imitativa che effettiva, pubblicitaria, un esibizionismo machista vestendo semplicemente una tuta da jogging. Il vestito stesso è in realtà indossato soltanto per metà come un’identità in parte biologica e in parte scelta, creata vivendola.
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