di Jean Luc Dutuel
Roma, giovedì 13 ottobre 2016 –
Al via da oggi, e fino al 23 ottobre, la Festa del Cinema di Roma. Per questa undicesima edizione 15.000 biglietti venduti, 38 film in concorso, 4 film da Cannes, 3 film sezione giovani, 4 anteprime 8 film dedicati a ricorrenze, 4 retrospettive per un totale di 47 films,
altri 26 (12 in concorso,14 fuori concorso) per la sezione giovani Alice nella citta, totale 130 film. Numeri. Ho voluto iniziare dai numeri per quella che molta stampa specializzata e critica più o meno compiacente decreta come l’ ‘edizione del rilancio’. Rilancio gia’. Sappiamo bene le vicessitudini di questa “festa” che nelle prime edizioni era nata come un vero festival (gestione Veltroni) per poi slittare, con qualche imbarazzo magari, sul piano (inclinato) dell entertainment in senso stretto. Nelle successive edizioni, data la pochezza dell’ offerta, anche la giuria si e’ (garbatamente?) eclissata. Il termine Festa ha accontentato tutti. La gestione Muller ha cercato di renderla piu’ esotica, rotta verso oriente, autori russi sconosciuti ai più (vedi German), melo’ iraniani, wuxia cinesi, autori di genere giapponesi (vedi Takahashi Miike), poi nell ultimo biennio di nuovo blockbuster e molto vuoto: un vuoto di Cinema. L’anno scorso mi coglieva un forte senso di sconforto nel percorrere i corridoi semideserti dell’ auditorium ripensando ai giorni in cui erano stipati di critici, giornalisti molti anche esteri, e pubblico assolutamente eterogeneo, dalle ragazzine in delirio compulsivo per Twilight all’anziano saggista appassionato di cinema polacco. Anche il Red Carpet, elemento che mai approverò nei festival,e’ rimasto vuoto, non tanto di personaggi pronti a sfilare, quelli, a buon prezzo, si trovano sempre, ma di personaggi degni di sfilare.
Edizione del rilancio quindi. Pronte le stelle di una hollywood sempre più da botulino e lifting che cool. Vedremo anche alcune stars più da sunset boulevard a mio avviso che da red carpet ma questo vuole la ferrea legge del marketing: serialità. Oggi le stars di hollywod hanno capito che attraverso le fiction televisive HBO, (una miniera inesauribile) si possono tranquillamente riciclare, poi con qualche film ogni tanto, qualche apparizione, riproponendo sempre se stessi si rimane all’apice.
Ci saranno ben 16 fims su 38 di produzione Usa, quindi la meta’ esatta, tutti avranno la loro fetta di torta, pubblico che adora l’entertainment e critica accondiscendente.
Molti studiosi della materia che senza citarli definirei “importanti” hanno stabilito, nel corso del tempo, quattro categorie formali in cui si possono classificare i film in generale, ovvero la leggerezza, va molto di moda, la pesantezza, ormai scomparsa, la superficialità per i piu’ giovani, la profondita’ per i piu’ vecchi. Una volta un film hollywoodiano, diceva Chandler, doveva contenerle tutte e quattro, e se ben dosate, si poteva arrivare anche al masterwork, il tanto atteso capolavoro. Oggi non funziona. Si e’ definita una griglia nel cinema Usa in cui leggerezza e superficialità la fanno da padrone, hanno contagiato anche le altre cinematografie vedi quella cinese e francese e uscendo dalla sala si rimane con un forte senso di non-visto. Rimpiango il film non riuscit, anche noioso, che pero’ aveva delle minime aspirazioni: neanche questo si trova più.
Tornando al concorso l’altra metà dei film si dividerà tra Francia, Regno Unito, Italia altro film di Placido sempre in coproduzione, Colombia, Messico, Spagna, Hong Kong piu’ che Cina, Giappone, Iran, Australia, Pakistan. L’ Austria sara’ presente con il documentario di Herzog che consiglio a tutti ma non aspettatevi la leggerezza (e la superficiaità) di Michael Moore, sara’ un documentario di grande impatto visivo con sequenze anche molto lunghe, la Germania appare con un biopic su Fritz Lang (quarantennale della morte ed ennesima riproposizione di M) e la Polonia con l ‘ultimo film di Andrej Wajda dal titolo incredibilment premonitore: Afterimage. Sara’ proprio l’ ultimo in quanto il regista e ‘morto qualche giorno fa mentre stava per prepararsi ad intervenire alla Festa dove avrebbe concesso anche un incontro con il pubblico.Sicuramente anche i più restii lo andranno a vedere, critica e pubblico uniti in questo caso, potenza della morte.
Poi i 4 films da cui ci si aspetta molto, che hanno avuto critiche positive in altri festival come Hell or High Water di David Mckenzie noir con Jeff Bridges (torna il lifting), l’inglese Genius di Michael Grandage con Colin Firth, il coreano Train to Busan di Yeon Sang Ho e il franco-giapponese La Tortue Rouge di Michael Dudok de Wit, attenzione a quest’ ultimo e’ un film d‘animazione ma soprattutto per adulti.
Retospettive a go-go per il ventennale di questo o il quarantennale di quello ma se si vuol capire come e’ nata la settima arte bisognerà rituffarsi nella storia con Birth of a Nation, quello originale, capolavoro di David Wark Griffith, ora restaurato per i sui cento anni (ma mai li dimostrerà), oppure un altro dei grandi “dimenticati” del cinema italiano, ovvero Valerio Zurlini, autore sensibile come pochi in assoluto, basti pensare al Deserto dei Tartari con un Jacques Perrin nel ruolo della vita, poi una mini-retrospettiva con sette western non tra i migliori, in effetti, da amante del genere, non ho capito questa scelta, probabilmente la qualità della copia, quando non si sa che dire nel cinema si risponde sempre così.
La sezione giovani “Alice nella citta’” presenta una scelta più eterogenea sui paesi presenti (ma si puo’ parlare di eterogeneo nell’ era della globalizzazione soprattutto per l’occidente?), abbiamo Fatih Akin con Goodbye Berlin, sicuramente uno dei talenti del cinema turco-tedesco autore de La Sposa Turca; Cold Winter, l’animazione, stavolta per tutti; Louise en hiver del franco-canadese Jean François Laguionie; x-500 di Juan Andes Arango film colombiano che sta avendo molto successo in sudamerica. E films da Finlandia, Olanda, Belgio, Francia, Nuova Zelanda, Regno Unito e addirittura da Cipro, Boys on the bridge di Petros Charalombos, e Repubblica dominicana, Jeffrey di Yanillis Perez, films che magari troveranno i consensi del pubblico come in anni passati ma difficilmente una distribuzione in Europa, assolutamente impossibile in italia dove ormai non si può più rischiare, il flop e’ dietro l’angolo.
A proposito di flop ecco Birth of a Nation, sto parlando dell’ultimo stavolta, presente in concorso e fresco di fallimento alla lama sottile stile isis del box office Usa. E’ naturalmente in concorso alla festa e a questo punto si staranno gia’ pentendo di averlo inserito perche’ in una societa’ come la nostra non si deve mai perdere.
Concludo con un‘ immagine. E’ il finale del film di Zurlini” Il deserto dei Tartari” di cui accennato in precedenza. Buzzati, credo involontariamente, ha scritto un testo che altro non e’ che la metafora massima della settima arte. Il tenente Drogo ormai ammalato si allontana in carrozza dalla Fortezza Bastiani ultimo avamposto sul deserto tartaro. Sa che non potrà mai piu’ partecipare alla battaglia, ha trascorso la sua vita in attesa di qualcosa che mai avverrà, fallimento come militare ma soprattutto fallimento umano, paura di ogni amante del cinema, l’attesa di una vita per un film che non riusciremo a vedere mai.
Comment here