“Adottate musei!” Il ministro Franceschini chiede a grandi imprenditori e privati facoltosi di investire nell’arte e nella cultura.
di Antonella Furci
ROMA – Ieri il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha lanciato un appello alle imprese: adottate i musei! Con l’aggiunta: “Vorrei che venti grandi imprese italiane scegliessero uno dei 20 musei autonomi, da aiutare e su cui lavorare, diventandone main partner. Siamo pronti anche a coinvolgerli nella governance del museo”. Premesso che ne avrebbero bisogno tutti i musei (i tanti musei non autonomi) e i luoghi storico-artistici. Quello del ministro è un accorato appello. Una richiesta a incentivare imprenditori e privati facoltosi a investire nell’arte e nella cultura. Un tentativo in sostanza di ripristinare nuovi “mecenati”, termine ormai inusuale e figure svanite nel nulla da un po’ di tempo. E infatti si possono vedere i risultati.
Quante opere, palazzi, musei, siti culturali e archeologici chiedono di essere scoperti, restaurati, recuperati, valorizzati? Per l’infinito patrimonio italiano sono ancora moltissimi e a discapito di molte città e zone della penisola. Soprattutto del sud, isolate da un interesse culturale e turistico. E pensare che per un Paese come l’Italia, primo al mondo per l’arte, il suo patrimonio storico e artistico sarebbe uno delle maggiori fonti di ricchezza in termini economici e turistici, oltre che culturale.
Sono tanti i luoghi rimasti indietro, (anche se per alcuni è una questione di mentalità e modo di fare politico) che avrebbero tanto da far vedere. Non può quindi che essere fondamentale il sostegno di mecenati e filantropi. Figure perse negli anni, forse nei secoli.
Per questo il fatto di attingere solo a finanziamenti pubblici sarebbe da rivedere. Ogni sito culturale deve svolgere l’attività con continuità di risorse economiche e per farlo non può essere mantenuto a tratti. Va bene il sostegno del Mibact, ma anche le proprie entrate devono esserci. L’autofinanziamento è fondamentale (rafforzato adesso dalla nuova riforma Franceschini). Ma sarebbe ancora più incisivo il contributo di appassionati d’arte e cultura che ne hanno la possibilità. Un bell’esempio? Solo pochi mesi fa si è assistito al restauro della Piramide Cestia a Roma finanziato interamente da un imprenditore giapponese.
Intanto ieri a Vibo Valentia (Calabria) delegati della Soprintendenza, del Fai e del Comune presentavano l’inizio dei lavori di restauro di un Castello medievale. Uno dei rari piccoli manieri costruiti in prossimità del mare, sito nella località Bivona e che affonda le radici in un’antica villa romana. Questo sito non ha mai conosciuto lavori di recupero, restauro e valorizzazione, eppure si trova in una zona fortemente archeologica oltre che turistica. I lavori rientrano nel progetto finanziario di 3 milioni di euro (i Pon ottenuti dal Comune), di cui ne fanno parte anche altre aree della città per la realizzazione di un Parco Archeologico Hipponion. Nonostante i finanziamenti abbiano consentito il recupero, la garanzia di una sicura continuità progettuale di mantenimento non esiste Il timore che tutto venga riabbandonato al degrado è facilmente percepibile. E infatti, finiti i lavori, come sarà mantenuto il castello? Ci sarà il personale in biglietteria, addetto alla sicurezza, guide turistiche? Quest’ultime rientreranno nelle 500 assunzioni che ha annunciato il ministro giorni fa? Non si sa. Intanto durante la presentazione dei lavori non a caso il funzionario della Soprintendenza archeologica della Calabria, Fabrizio Sudano, si è augurato: “La speranza è che il sito archeologico non venga abbandonato una seconda volta”.
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