Attraverso l’analisi del manifesto del 1915, la rassegna intende presentare il percorso artistico del suo fondatore Giacomo Balla
di redazione
PARMA – Era l’11 marzo del 1915 quando sul Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo, uno dei testi teorici più rivoluzionari dell’arte del Novecento, scritto da Giacomo Balla e Fortunato Depero, si leggeva:“… Il futurismo pittorico si è svolto quale superamento e solidificazione dell’impressionismo, dinamismo plastico e plasmazione dell’atmosfera, compenetrazione di piani e stati d’animo… Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione… Col Futurismo l’arte diventa arte-azione, cioè volontà, ottimismo, aggressione, possesso, penetrazione, gioia… splendore geometrico delle forze, proiezione in avanti…”. Così Balla e Depero annunciavano la nascita di un nuovo movimento artistico, iniziavano a scrivere una nuova pagina della storia dell’arte italiana.

Al padre fondatore dell’Astrattismo Futurista ed autore del manifesto, Giacomo Balla (1871-1958), la Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, ha dedicato un’interessante mostra inaugurata il 12 settembre e visitabile fino all’8 dicembre 2015. Attraverso l’analisi del manifesto del 1915, di cui quest’anno ricorre il centenario della fondazione, la rassegna intende presentare il percorso artistico del suo fondatore Giacomo Balla, che si autodefinì ‘Astrattista Futurista’.
La mostra, a cura di Elena Gigli e Stefano Roffi, è articolata per temi e ripercorre i capisaldi del Manifesto del 1915: Astratto – la luce nei pastelli di inizio ‘900 realizzati a Villa Borghese – in particolare ‘Fontana (che piange)’ della Banca d’Italia, mai esposto in precedenza – e negli studi dell’iride del 1912, per concludersi con l’affascinante ‘Finestra di Düsseldorf’, ritrovato da Luce ed Elica Balla nel 1968; Dinamico; Trasparentissimo – i cicli delle Stagioni e delle Trasformazioni Forme e Spirito; Coloratissimo e Luminosissimo – come il paesaggio artificiale con ‘Linee forze di Paesaggio+ sera’ del 1917-18, mai visto in una mostra prima d’ora; Autonomo; Trasformabile – il vestito e il mobile futurista dalla caleidoscopica Casa Balla; Drammatico – l’interventismo in guerra; Volatile – evidente dal primo pastello Elisa che cuce (1898) al ‘Dubbio’ (1907-1908), dai ritratti femminili degli anni venti al celebre ‘Noi 4 allo specchio’ (1945); Scoppiante – la linea della velocità nelle sculture: dal rossissimo ‘Pugno’ di Boccioni al Complesso plastico (studi e progetti da Casa Balla). Sono lavori di ricerca e sperimentali volti a quella particolare ricerca astratta del tutto europea ma al tempo stesso lontana e nuova rispetto alle contemporanee ricerche, sempre astratte, dei pittori in voga in quegli anni e sicuramente conosciuti da Balla, come Kandinskij, Arp, Léger, Larionov, Mondrian e Gončarova. Chiude l’esposizione un apparato di documenti originali (fotografie d’epoca, cataloghi, manifesti) dell’Archivio Gigli di Roma.
Immagine d’apertura:
Giacomo Balla, Forze paesaggio + cocomero,
Fondazione dell’Istituto Svizzero di Roma
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