di Antonella Furci
pubblicato il 26 settembre 2016 – ore 11:52
Nella sua ‘Metodologia della ricerca storica‘ Marc Bloch invitava gli storici a non abbandonare mai lo spirito di obiettività nell’osservare e riportare i fatti, necessaria per garantire l’attendibilità delle analisi e della sintesi delle fonti.
Considerava fondamentale che lo storico si spogliasse di ogni forma di faziosità politica, religiosa o solo campanilistica e patriottica nei confronti di questo o quell’avvenimento storico, di questo o quel personaggio storico. Per Bloch dunque la teoria doveva assolutamente essere comprovata. E non bastava pensare di avere prove avvalendosi degli scritti di precedenti storici, perchè potevano aver dato spazio solo a congetture. Insomma, ogni fatto passato deve essere raccontato solo dopo la ‘prova del nove’. Questa è la legge assoluta della ricerca storica, da considerarsi una specie di dogma perchè è un dovere assoluto informare ogni persona sulla verità dei fatti ed è un diritto assoluto di ognuno venirne a conoscenza per poter avere la possibilità di farsi democraticamente una giusta opinione sull’accaduto.
Marc Bloch si rivolgeva così a suoi colleghi storici, confidando nel buonsenso di ognuno. Ma purtroppo non è stato così per tutti. Un esempio è la storia omessa, artificiosamente cambiata e strumentalizzata del Regno delle Due Sicilie che ancora oggi raccontano i libri di scuola. É evidentissimo l’enorme danno provocato a una società civile, alla quale si è impedito di prendere coscienza del suo reale passato, delle sue glorie e delle sue disgrazie. Un pezzo importante di storia dell’Italia del Sud, il periodo risorgimentale, è gravemente assente dai testi scolastici.
Ma molto probabilmente ancora per poco. Perchè va sempre più avanti il lavoro di quel ramo della storiografia italiana, il “Revisionismo storico filo Borbonico”, costituito da docenti, ricercatori universitari e gruppi di storici locali. Già da un bel po’ di anni stanno consegnando a un grande Regno e alla sua popolazione la giusta dignità storica e culturale, deturpata dai ‘patrioti’ storici (alcuni improvvisati) che si ostinano a raccontare ancora la versione interessata data dai vincitori e della quale oggi viene dimostrato essere manomessa e fortemente lacunosa.
Ma per fortuna a volte capita che, nonostante siano state perse le tracce del proprio passato, ci pensa la forza dell’istinto a farle ritrovare. E’ bastano così uno stemma, una bandiera, i resti di un antico edificio divenuto uno splendido museo, un nuovo inno reale o addirittura la presenza di una principessa a far riemergere un sentimento quasi nuovo e inaspettato di orgoglio, riscatto e senso di appartenenza a una comunità. Riscoprendo così la propria identità culturale. Sarà stato per questo motivo che a Mongiana, piccolo paese dell’entroterra delle Serre del vibonese, sabato scorso una folla di gente abbia accolto calorosamente la principessa Beatrice di Borbone Due Sicilie, ospite d’onore dell’inaugurazione di una nuova sezione del Museo delle Reali Ferriere di Mongiana. Il Museo raccoglie e custodisce memorie della passata grandezza industriale per la quale i Borbone, tra il XVIII e XIX secolo, avevano investito parecchio. Intorno al Museo, realizzato in questi anni nello stesso edificio che ospitò l’ex fabbrica d’armi borbonica e con accanto gli splendidi resti delle fonderie, si stringe tutto l’orgoglio degli abitanti di Mongiana. E’ un museo questo testimone di una storia che più che dimenticata è una storia proibita. Ma ancora per poco.
Emerge dalla nuova storiografia filo borbonica, che il Regno delle Due Sicilie era un regno che in Europa contava, e pure parecchio. Era ricco e produttivo, in agricoltura e industrie, con una florida attività culturale, grazie a investimenti nelle scienza e nella cultura. Tutto il contrario di quanto i libri di storia ancora e vergognosamente raccontano. Il Regno dei Borbone fino a metà ‘800 (fino all’Unità d’Italia), era una delle potenze europee. Di quanto fosse industriosa rimangono oggi alcuni esempi, che molti ancora vogliono denigrare con tesi che tentano di sminuire solo con teorie e senza alcuna prova. Mistificatori della realtà storica per chissà per quale recondita paura. Anche se si intuisce benissimo, perchè ammettere la verità sui Borbone andrebbe a illegittimare i motivi che hanno spinto (pochi e non il popolo italiano) all’Unità d’Italia.
Ma perchè è bene insistere sull’importanza di raccontare la storia così com’è realmente stata?
Perché la mancanza di consapevolezza di ciò che è stata la propria storia, scollega qualsiasi società civile dalla consapevolezza di ciò che è nel presente. Senza parlare del fatto che è una società incapace di gettare le basi del proprio futuro. Ed è questo risultato che voleva evitare si arrivasse Marc Bloch. Ma è a questo risultato purtroppo che oggi si è arrivati. A un Sud allo sbando, cui adesso si aggiunge anche il resto dell’Italia, che si è costituita sin dalle origini già monca, essendo stato il Sud sfruttato e impoverito. Si è costitutito così, sin dalle origini, uno Stato unitario debole e mai forte, per metà sviluppato (Nord) e per metà impoverito (Sud).
Riprendere in mano la propria storia, ripercorrerla seguendo la via della verità dei fatti non deve portare a una forma di eccesso di campanilismo con intenti che minano l’unità nazionale, né tanto meno “patrioti del periodo unitario” devono intenderlo come il desiderio a una ipotetica divisione dell’Italia. Semmai, prendendo coscienza di come sono andate davvero le cose nel Regno delle Due Sicilie, finalmente la si unisce.
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