Arte

Il potere del bianco nell’arte contemporanea

Lucio Fontana Bianco

di arte fair

Roma, lunedì 20 febbraio 2017 –

Arte – Il bianco adoperato in arte, spesso è una tonalità fredda che purifica il supporto, un qualcosa che fa emergere dei ‘’vuoti’’ che hanno come valore primario degli impercettibili contrasti di forma.

Il bianco, in pittura, è forse il colore più “scientifico” e psicologico in assoluto. Molti sono i protagonisti della storia dell’arte, che hanno trattato questa non-pigmentazione, in quanto il suo processo, è un articolarsi e un ramificarsi fluido di tanti fattori armonici, che alludono ad una informalità perfetta, un contenitore di concetti che si apre per via della natura plastica del quadro.
Tanti pittori, dagli anni Cinquanta in poi, dipingeranno le loro tele di un bianco uniforme, avviando così un processo che ancora oggi è visto dalla critica come innovativo, perché capace di portare alla luce l’interiorità più completa, elaborata e sistematica dell’artista. Molte riviste specializzate, storici dell’arte e studiosi delle Arti Visive, hanno analizzato questo fenomeno: studio che molti autori hanno realizzato con grande maestria, sfruttando il rivestimento ‘’sublime’’ per suggerire allo spettatore nuove dinamiche di apprendimento dell’operato artistico.
In questo elenco mostreremo alcuni artisti storici e contemporanei, che hanno trattato in grande stile il tema, facendolo così diventare parte integrante della loro opera omnia.

Lucio Fontana, elaborava il bianco anche nei suoi quadri provocatori, se guardiamo le sue tele monocrome con buchi e tagli, si percepisce il concetto di oltre, il celebre concetto spaziale qui non ha colori; è uno studio particolarmente affascinante, ma difficile da comprendere per chi non conosce la ricerca che ne sta alla base. Il bianco in questo caso dona all’opera una linea di assoluta purezza e perfezione, alludendo all’infinito. Lucio Fontana Bianco

Lucio Fontana, Concetto spaziale bianco, 1968

 

 

Piero Manzoni ha lavorato sul bianco con tessuti e gesso, creando così una superficie bianca ed elaborata, gli Achrome. Il risultato è prezioso e di grande impatto, perché materico e subito leggibile. Manzoni ha creato su questa linea per anni, fino ad arrivare a composizioni fatte di cotone, sempre in linea con il potere assoluto del non-colore. Le opere sfidano il concetto di presenza, superando il concetto di apparenza.
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Piero Manzoni, Achrome, 1958

 

Molto più regolari e programmate sono invece le opere create da Enrico Castellani, attraverso composizioni di chiodi che tendono dal retro la tela. Qui le texture sono un meccanismo di luce e ombre, volumi che si rivelano complesse e di un fascino concettuale inarrivabile.
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                                                              Enrico Castellani, Superficie bianca, 1988

 

Nel caso di Alberto Burri il bianco diventa estremamente complesso, il tutto è frammentato, e le fenditure a labirinto disegnano in modo naturale un terreno inaridito. L’opera ha un doppio strato, opaco, un viaggio portatore di distanze e allo stesso tempo colmo di presenze che stimolano i sensi e la percezione.
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                                                                   Alberto Burri, Cretto bianco, 1973

 

Dietro ogni rappresentazione non c’è mai un vuoto, c’è solo qualcosa che è invisibile: la luce assoluta, che possiamo ammirare nei dipinti di Valentino Vago, dove un particolare simbolismo ci attrae e ci inquieta. L’assenza che si trasforma in segni sublimati nel colore etereo, in questo caso non inseguono il bello alla moda, ma l’essenza. L’idea archetipa della bellezza è presente. Il colore illumina e si alimenta attraverso il passaggio dalla psiche.
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                                                                Valentino Vago, Senza titolo, (anni 70)

 

Questo emerge anche nei dipinti di Daniele Bongiovanni, il pittore dei cieli bianchi, che in seguito ad una lunga ricerca, disegna e dipinge volti con tecnica meticolosa, per poi associarli a dei gradienti, per annullare apparentemente la visione concreta delle cose, lasciando a chi osserva, il tempo per vedere il riformarsi dei corpi sulla tela. Un bianco che non è mai solido, ma vaporoso come elevazione. Forme tangibili e luoghi solo pensati, si legano nella perfezione del segno.
Daniele Bongiovanni

Daniele Bongiovanni, T.d.C Mundus, 2016

 

 

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