Editoriale

L’arte italiana: l’arte di distruggere il passato e il futuro

Crotone Stadio

Il caso dell’ampliamento dello Stadio di Crotone in area archeologia, dimostra ancora una volta come molte amministrazioni non hanno alcune responsabilità verso i beni culturali

 

di Antonella Furci 

Leggendo la cronaca “nera” riguardo le condizioni del patrimonio archeologico italiano – l’ultima quella sulla decisione presa dal Comune di Crotone di ampliare lo Stadio ‘E. Scida’ su un’area protetta da vincolo archeologico – ci si rende conto di come molte zone italiane, abbiano la capacità di predicare  sviluppo economico e al contempo fare di tutto per impedirlo.
Uno Paese come il nostro, fatto di arte e capacità creative uniche al mondo, è arrivato a non avere più considerazione del proprio passato, che dovrebbe essere punto di riferimento per affermare la propria identità culturale e importante risorsa per l’aspirato sviluppo economico, turistico e occupazionale.
Ma, sebbene carichi di contenuto, sono concetti questi che fanno parte della retorica. E questo per il solito problema: l’essere reduci dell’atavica mentalità della piccola, media e grande “mangiogna” (di soldi pubblici) di chi amministra, gestisce e delibera senza calcolare coscienziosamente, e spesso intelligentemente, se tali decisioni andranno a beneficio della comunità e del territorio. Questi personaggi, di cui ormai l’Italia ne è stra-piena, in particolare le regioni del Sud, pensano dunque di essere dei gran maestri della politica prendendo decisioni che in fondo sono scollegate alle potenzialità del tessuto economico, sociale e cultuale, sapendo benissimo a quali conseguenze porteranno.
Il caso di Crotone non è altro che l’ennesima dimostrazione di quanto sia “forte” l’interesse a mantenere il fitto intreccio di “favori” e “cortesie”. Il tutto come se – e qui sta la furbata – loro, le loro famiglie e i loro amici non subissero come tutti gli altri le conseguenze di un territorio sempre più povero e in degrado.
Continuando a dimostrare di avere solo “capacità” a distruggere il passato e di conseguenza il presente e il futuro di un Paese. Dissipando ingenti risorse economiche con scelte inopportune che non portano a nessuno sviluppo se non alla miseria di molti e alla ricchezza di pochi.
La delibera del Comune di Crotone che dà il via libera all’ampliamento della curva Sud dello Stadio (la sua squadra adesso è in serie A) in una zona prettamente archeologica dove sono sepolti i resti dell’antica Kroton, e protetta da vincolo archeologico risalente al 1981, dimostra appunto proprio questo. Per molti è importante ampliare lo Stadio, già più volte messo sotto accusa per essere stato costruito su un territorio limitrofe a un’area archeologica, perchè si è convinti che per la tanta gente che arriverà a vedere le partite, la città di Crotone subirà positive ripercussioni economiche, in particolare le ricezioni alberghiere e ristorative. Come se riportare alla luce importanti aree archeologiche e renderle fruibili ai visitatori non comportasse invece un’attrattiva turistica più solida e duratura, e di conseguenza una concreta opportunità ad avviare una crescita economica e occupazionale.
Il caso Crotone comunque non ci mostra solo in quale direzione vanno quasi sempre le preferenze amministrative comunali, ma mette in risalto l’insolito atteggiamento della Soprintendenza che molte volte preferisce chiudere un’occhio (anche due) davanti a quella che dovrebbe essere la sua principale responsabilità pubblica, e cioè la tutela del patrimonio archeologico.

 

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