In un momento in cui anche studiare era proibito, il giovane Chagall non si perse d’animo. Aprì la finestra della sua camera e usò l’arte per creare nuovi mondi: i ‘suoi mondi’.
di Antonella Furci
Come disse Marc Chagall: “è soltanto mio il paese che è nell’anima mia. Vi entro senza passaporto”. Sono parole che toccano in questo difficile periodo. Chiusi in casa per difenderci da un male invisibile e spietato, prendere esempio da Chagall non sarebbe sbagliato. Con ciò non significa prendere colori e tavolozze, ma lasciarsi andare all’immaginazione. Guardare dalla finestra di casa potrebbe portarci ad apprezzare cose a cui prima non avevamo dato peso. Osservare la nostra città, il nostro paese o magari il mare o il verde della campagna circostante, ci fa riscoprire sensazioni ed emozioni sopite. Forse pure sconosciute. Imparare a sognare – come fece Marc Chagall – è sempre un viaggio introspettivo che vale la pena provare. Aiuta a ritrovare noi stessi e a non perderci d’animo. Non ci credete? Beh, a dirci che è così è Marc Chagall nelle sue opere. In particolare in quelle prodotte nel periodo della sua gioventù in Russia tra il 1907 e il 1924. Anni antecedenti al trasferimento definitivo a Parigi.

Il giorno della sua nascita, Vitebsk, piccola cittadina bielorussa, venne attaccata durante un pogrom dai cosacchi che diedero alle fiamme la sinagoga. Quando si riferiva a questo episodio, Chagall soleva dire: ‘io sono nato morto’. Iniziò a studiare pittura nel 1906, l’anno successivo si trasferì a San Pietroburgo. Qui frequentò l’Accademia Russa di Belle Arti. Tra il 1908 e il 1910 studiò alla scuola Zvantseva con Léon Bakst e rimase in città fino al 1910. Nel frattempo incontrò la sua futura moglie Bella Rosenfeld, compagna di vita e soggetto frequente nei suoi dipinti. Una volta divenuto noto come artista, lasciò San Pietroburgo per stabilirsi a Parigi e stare più vicino alla comunità artistica di Montparnasse.

Il periodo dell’infanzia torna spesso nelle opere dell’artista. Felice nonostante le tristi condizioni al limite della povertà. In un momento in cui anche studiare era proibito, il giovane Chagall non si perse d’animo. Aprì la finestra della sua camera e iniziò a raffigurare la sua misera città. Sentì il bisogno di esprimersi attraverso la pittura e iniziare a raccontare tutto ciò che gli stava intorno. Le storie della sua straordinaria gente, compresa la sua famiglia numerosa. Ma non si fermò qui. Chagall usò l’arte per creare nuovi mondi: i ‘suoi mondi’. Sono proprio questi anni, gli anni russi, che hanno visto il giovane Chagall crescere e formarsi come artista tra i più apprezzati. “Affacciarsi” dalla quella finestra della casa a Vitebsk, significa scoprire i mondi dell’artista. Le sue visioni liriche e simboliche. Quelle del primo periodo di attività, durante cui il pittore si forma acquisendo un proprio linguaggio originale e personale. Complice il viaggio poco più che ventenne a Parigi tra il 1911 e il 1914, dove venne in contatto con la comunità di artisti di Montparnasse.
Sono giorni difficili questi per l’Italia, per l’Europa e per il mondo intero. L’unico modo per contrastare questo male, il Covid-19, è stare chiusi in casa. Non è facile. Ma dare spazio all’immaginazione è spesso il miglior modo per incitare la propria forza d’animo.
Immagine d’apertura: Marc Chagall, Sulla città, 1918
Galleria Tretyakov, Mosca
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