La disabilità visiva rende davvero “ciechi”? No, se si crede che siamo nati per dare qualcosa. Nella Rubrica Arte senza Barriere si parla oggi di Morhena
Rubrica a cura di Rosario Rito
Morena Burattini, in arte Morhena, nasce nel 1975 sotto il segno della bilancia, rimane ipovedente fino all’età di sedici anni a causa della nascita prematura e i tanti mesi in incubatrice. In quegli anni non c’era ancora la consapevolezza che bisognava mettere degli occhialini scuri per tutelare gli occhi dei neonati, e ciò le provoca gravi lesioni. Riuscirono a salvargli solo un occhio, ma fu detto ai suoi genitori che col passar del tempo la retine, ingrossandosi, non avrebbe retto. Morhena perde completamente la vista a diciassette anni. Sorte sfortunata, accompagnata da un annuncio drammatico e crudele? Non lo so, ma sta di fatto che per chi non è cieco un colore vale l’altro, può distinguere, ammirare e apprezzare le meraviglie che gli stanno intorno. Ma in egual misura anche chi sa ascoltarsi può colorare di luce viva tutto ciò che lo circonda, tramutandosi in voce, occhi e solidarietà per coloro che lo circondano.
Esattamente come lo è lei, giacché, pur non possedendo la vista, dono prezioso che una persona possa avere, ha avuto la forza di auto rigenerarsi attraverso la musica e le sue canzoni e donarsi agli altri. Non quegli “altri” con la sua stessa disabilità, come spesso si legge nella sua bibliografia, ma al prossimo che prima di essere “l’altro” è un “se stesso”. Prima che perdesse completamente la vista, Morhena fa sport così, per gioco e passa tempo. Poi invece in modo agonistico, e non per dimostrare qualcosa agli altri, bensì per dare qualcosa a se stessa e mettere alla prova le proprie potenzialità. Ecco, cosa intende dire quando sostiene “…che bisogna armarsi di coraggio”, che è diverso dall’incoscienza. In breve tempo, oltre a diventare campionessa di nuoto e di sci alpino, acquisisce Morhena acquisisce il brevetto di subacquea e immersione profonda.
È proprio lei stessa che in occasione di una canzone dedicata a papa Francesco (L’uomo venuto da lontano, che invito ad ascoltare), nell’ambito di un’intervista a Radio Vaticana spiega ciò che desidera realizzare. E cioè, non il bene ma il “benessere” degli altri, che è una cosa ben diversa e distinta dal solito comportamento occasionale che si attua in certe circostanze.
“Lo Sport è Cultura, lo Spettacolo è Arte. Quindi ho voluto inglobare queste meravigliose “attività- arte” come piace definirle a me. Con la speranza di trovare un punto di incontro e quindi cercare di abbattere le diversità mentali, che purtroppo ancora persistono nella nostra società tra disabili e non disabili” – racconta Morhena. Di certo, l’unica maniera di accettare la propria realtà è quella di essere capace d’ironizzare su se stessi, e lei lo fa. Intitola nel 2003 il suo primo CD ‘Il pipistrello’.
Credo che questa sia la giusta risposta da dare a coloro che ancora oggi pensano, e son convinti, che chi possiede una qualsiasi forma di disabilità viva a metà. Forse è vero, ma sicuramente può capitare a chi crede di possedere solo dei diritti, lasciando che gli stessi assumano la forma più degradante dell’assistenzialismo. Anziché – come dice lei stessa – di cercare una ragione di vita per andare avanti e non abbattersi. Morena è perfettamente cosciente di questo, crede che tutti siamo nati per dare un qualcosa. Non si è abbandonata alla sua disavventura, cerca il modo più concreto di diventare supporto per gli altri. Volontà la sua che nel 2011 la conduce a realizzare l’Associazione ‘Moulus’ il cui intento è quello di promuovere e sostenere attività d’integrazione e socializzazione tra persone che – preferisco dire – con una proprie destrezza desiderano semplicemente Essere.
“Noi tutti, vedenti e non vedenti, ci differenziamo gli uni dagli altri non per i nostri sensi, ma per l’uso che ne facciamo. Per l’immaginazione e per il coraggio con cui cerchiamo la conoscenza al di là dei propri sensi”, disse Helen Keller. Morena è una giovane donna che oltre ad avere il coraggio di rigenerarsi, ha saputo trovare il modo di poter uscire da quel buio che, a poco a poco, è stata trascinata. Spesso ciò che l’occhio vede, l’anima non conosce. Quel che prova l’anima lo può decifrare solo chi vuol liberarsi da quel sentirsi, o meglio auto giudicarsi, inferiore a una qualsiasi altra persona. Anche perché, se il vedere è un verbo da associare alla vista, l’ascoltarsi interiormente è legato all’emotività. La quale potrebbe indicarci l’uscita dalla “cecità” che spesso gli altri accrescono in noi rafforzando il nostro timore di non farcela.
Altri articoli dell’autore:
Immagine d’apertura: Morhena
© Riproduzione riservata
Comment here