di redazione
Roma, venerdì 24 giugno 2016 –
Facciamo un salto indietro, molto indietro. Andiamo nel viterbese. Precisamente nel periodo dell’antica civiltà Etrusca, e scopriamo un po’ questo ‘mondo’: come vivevano, quali erano gli usi e i costumi dell’epoca e cosa producevano. A proposito, come producevano il vino?
A farcelo scoprire è il Museo Nazionale Etrusco – Rocca Albornoz che in occasione del novantesimo anniversario dell’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma, ha deciso di ampliare con una nuova sezione la mostra permanente ‘Scavi e ricerche svedesi nel Viterbese‘. La nuova sezione che sarà inaugurata domani 25 giugno illustra gli aspetti legati alla produzione del vino in epoca etrusca. Dal titolo “San Giovenale, 2500 anni di tradizione viti-vinicola”, il nuovo allestimento fa riferimento specifico alla località di Vignale, nei pressi di San Giovenale (in provincia di Viterbo). L’esposizione, realizzata in collaborazione con il Polo Museale del Lazio, diretto da Edith Gabrielli, presenta i risultati di dieci anni di attività del “Vignale Archaeological Project”, condotto dall’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma, finalizzato a svolgere indagini non invasive con termo-camera a raggi infrarossi che hanno permesso di rilevare tracce di viticoltura in epoca etrusca.
Il Museo Nazionale Etrusco è allestito su tre piani della monumentale Rocca Albornoz, sulla cui architettura è intervenuto il Bramante. Il Museo presenta una panoramica sulla civiltà etrusca, partendo innanzitutto dai luoghi e dalle usanze della quotidianità.
Particolari sono le efficaci ricostruzioni a grandezza naturale con cui si presentano le abitazioni etrusche di Acquarossa, scavate dall’équipe del re di Svezia, Gustavo VI Adolfo, appassionato archeologo. Seguendo il percorso espositivo museale attraverso ricercatezze architettoniche e soluzioni funzionali, il visitatore si addentra nell’atmosfera delle case etrusche del VII sec. a.C. Insediamenti etruschi del viterbese sono illustrati anche al primo piano, con i centri di Musarna e Ferento. Mentre all’ultimo piano dopo iniziale carrellata di corredi funerari etruschi, provenienti dai principali siti della provincia, l’intero percorso espositivo si conclude nella saletta dedicata alla tomba della biga di Ischia di Castro, prestigioso capolavoro etrusco di VI se.a.C.
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