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Riapertura Musei: cosa cambierà?

Il 18 maggio riaprono i musei. Con percorsi personalizzati e contenuti online, per molti direttori l’apertura sarà un ritorno all’esperienza di qualità

 

di Antonella Furci

Nel decreto del DPCM del 26 aprile rientra anche la riapertura dei musei. Dovendo seguire le distanze di sicurezza per contenere la diffusione del Covid, la fruibilità non avverrà nelle stesse modalità cui si era abituati. Ma, ironia della sorte, il dimezzamento degli ingressi non sembra scalfire i direttori di alcuni dei più importanti poli museali italiani. In un’intervista al corriere.it – da cui prendiamo la notizia – dimostrano convinzioni comuni.
Per loro la riapertura contingentata è vista come occasione per rimodulare il modo di approcciarsi al museo, quindi all’arte. Certo bisognerà dimenticare i numeri record degli scorsi anni e l’economia museale avrà una battuta d’arresto. Anche se a compensare la perdita ci penserà la frenetica attività online di questi mesi, che continuerà e sarà diversificata dall’esperienza dal vivo.
Secondo molti dei direttori l’apertura dei musei, nel rispetto delle prescrizioni di sicurezza e distanza sociale, non sarà proprio un male. Perché?
Perché di sicuro ci sarà l’opportunità di scoprire il museo secondo un’altra ottica più lenta e meditata, che consentirà di tornare all’esperienza di qualità.
Evidentemente la quantità (di visitatori) non sempre corrisponde a qualità, e “vedere” è una cosa, prestare attenzione un’altra. E l’affollamento dei musei priva il visitatore del tempo e della calma per contemplare, studiare, capire l’arte.

James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera e Biblioteca Braidense di Milano, ha affermato nello speciale del Corriere.it che: «Alcune produzioni originali nate per l’online e del tutto diverse dall’esperienza fisica potranno e dovranno essere anche a pagamento per i musei. Non si tratta – continua – di riappropriarsi delle visite dal vero che avevamo due mesi fa: quelle erano morte da anni. Parliamoci chiaro: in quanti possono dire di aver visto davvero dal vivo la Gioconda? Centinaia di migliaia di visitatori al giorno nei musei, le folle indistinte avevano ammazzato l’esperienza. Bene, adesso abbiamo l’opportunità di ricostruirla con nuovi parametri. Nei musei ci si andrà con nuovo interesse, con consapevolezza, magari dopo essersi avvicinati ad un’opera sulla rete».

   Palazzo Strozzi, Installazione di Tomas Saraceno. Foto © Corriere.it

Sulla stessa linea Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE). «Io sono convinta- ha dichiarato – che avremo meno visitatori non solo nel breve periodo, ma per moltissimo tempo. È un male? Non è la domanda giusta. Il punto è che cambierà il nostro modo di visitare un museo, anche nelle grandi città d’arte. Io penso che troveremo il modo di accompagnare con maggiore cura una persona interessata all’arte. Non solo perché avremo un flusso inferiore, ma tutto comincerà dalla prenotazione. Online, naturalmente. In vendita ci sarà il classico biglietto, ma studieremo una forma di biglietto con itinerari e percorsi tematici consigliati con scelte fatte a monte. La visita comincerà dal telefonino o dal Pc di casa con la presentazione di un’opera o di una mostra, con un suggerimento personalizzato. Andremo per gradi – conclude – e studieremo di volta in volta anche le attività per le scuole e per le famiglie».
Per Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze la riapertura «non è come chiudere e riaprire un rubinetto». Spiega al Corriere.it: «le statistiche dimostrano che ogni anno centomila circa di visitatori sono venuti a Firenze dal resto d’Italia solo per visitare le nostre mostre. Non sono turisti di massa che si accalcano nei luoghi di attrazione principali. Sono un pubblico più selezionato, attento all’arte e alla ricerca. Insomma turismo di qualità. Inoltre queste persone non stanno a Firenze per una mezza giornata, vivono e fanno vivere la città invece di cannibalizzarla. Ecco perché sono convinto che non sarà necessariamente un tracollo. Certo, – continua – i numeri saranno inferiori, bisognerà fare un lavoro di comunicazione, incentivare gli arrivi degli italiani. Ma mi lasci dire che vorrei aumentare il numero dei fiorentini e toscani. Mi piacerebbe infatti che Firenze riacquistasse un’identità anche partendo da noi, ovvero da una visione fatta di innovazione e futuro». 
Stessa visione quella di Gianfranco Maraniello, direttore in uscita del Mart di Trento e Rovereto e presidente di Amaci (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani). «Per anni – dice – abbiamo considerato i musei come dei contapersone: più arrivi, più valore. Gli ingressi record sbandierati e il numero dei biglietti ci ha portato fuori strada. Così oggi che gli arrivi record non ci sono e forse non ci saranno per un po’, ci sembra che i musei abbiano perso valore, che siano costruzioni morte. Ma non è così. Proprio perché l’arte ha un valore intrinseco che vale anche per quelli che non vi si avvicinano. Sapere che c’è un grande artista dà valore ad un Paese e fa bene anche a quelli che non lo conoscono». (Fonte: Corriere.it)

 

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