E’ uscito ieri nelle sale italiane “Steve Jobs” il film di Danny Boyle, accolto positivamente dalla critica.
di redazione
ROMA – La critica lo considera un bel film. Steve Jobs di Danny Boyle, scritto da Aaron Sorkin, è nelle sale italiane a partire da ieri. L’uscita negli Stati Uniti, tra ottobre e novembre, non è andata piuttosto bene. Quel weekend è stato particolare per il box office statunitense e il film di Boyle non è stato l’unico a subire l’entusiasmo planetario pre-Star Wars. Viene spontaneo il confronto con il precedente film sul genio della Apple, Jobs di Joshua Michael Stern con Ashton Kutcher. Ma tutto sommato, leggendo le critiche dei cinefili, Steve Jobs è un bel film e si difende bene.
“Dotato di un perfetto design strutturale, – si legge nella recensione di mymovie.it – il film di Danny Boyle racconta, con più sapienza che retorica, un direttore d’orchestra. Un artista la cui personalità fa la differenza”.
Trama – È il 1984 e manca pochissimo al lancio del primo Macintosh. Il mondo è cambiato ed è in ulteriore fase di cambiamento, sempre più accelerato con l’avvicendarsi dell’era informatica. Da lì infatti sarà poi la volta del NeXT nel 1988 e del iMac nel ’98. Il totale mutamento sociale è ormai in pieno atto, e l’artefice è lui: Steve Jobs.
Il genio visionario che ha inventato il mouse, le icone, l’iPhone, l’iPod e l’iPad, con accanto il suo braccio destro, la fedelissima Joanna Hoffman.
Il racconto del film non annoia, pur essendo già noto a tutti il successo professionale accompagnato da una serie di insuccessi sul fronte personale. Sorkin racconta appunto questo: l’aspetto più umano del protagonista, fatto di duro lavoro e testardaggine nell’andare avanti.
Un successo umano, in sostanza, ottenuto faticosamente, attraversando anni con l’amaro in bocca per insuccessi professionali e aspettative frustrate, persino umiliazioni pubbliche.
E infatti, nel film Steve Jobs affronta gli imprevisti dell’ultimo minuto, contrattempi che si presentano con il nome di Lisa, sua figlia e di Chrisann Brennan. E quelli con il collega con cui ha condiviso i leggendari esordi in garage di Los Altos, Steve Wozniak, e con Andy Hertzfeld, ingegnere del software.
“Per raccontare questa storia – come dice la recensione di mymovie – e per sorprendere il pubblico andavano rovesciate le carte in tavola e ci voleva la mano di un grande drammaturgo, un Aaron Sorkin, per esempio”.
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