Maurizio Bonanno nel suo libro si è messo sulle tracce dei Templari, seguendo i simboli esoterici di misteriose Cattedrali gotiche
VIBO VALENTIA – In quest’epoca del digitale e della manipolazione genetica, fa riflettere come nonostante il “progresso” ci sia chi mantiene ben salde le radici con il passato.E accade quindi che appaia come un’antinomia il sentir parlare di ‘Cavalieri’ e ancor di più di ‘Templari’.
Sì, Cavalieri Templari. Il noto ordine religioso cavalleresco nato nel periodo delle Crociate e protagonista di un capitolo importante della storia medievale. Di loro non si seppe più nulla dal 1314, da quando l’ultimo gran maestro Jacques de Molay venne condannato al rogo a seguito della soppressione dell’ordine da parte di Clemente V, spinto a sua volta dal re di Francia Filippo IV detto il Bello. Dopo secoli di oblio fu il periodo dei Lumi a riportarli in auge e a farli tornare avvolti da quell’aura di mistero fatta di luci e ombre, storia e leggenda, carità cristiana ed esoterismo e pure presunti legami con la massoneria.
Sarà tutto vero ciò che si racconta di loro? Non si sa. L’unica cosa certa è che l’organizzazione monastico – cavalleresca condivide ancora, attraverso un variegato Neotemplarismo, quei valori di lealtà, onore, dignità e carità che nel Medioevo ponevano al servizio della fede cristiana e dell’impegno militare a difesa della Terra santa e dei pellegrini. Ciò che allora li distinse fu il grande potere economico-militare acquisito grazie alle funzioni di supporto logistico-finanziario praticato con tecniche di trasferimento di denaro molto avanzate.
Ma di fatto chi erano questi Templari? Perché l’ordine fu represso? Oltre ad altre sedi italiane, erano presenti in Calabria? E soprattutto quale valore bisogna dare oggi al molteplice e controverso neotemplarismo?
A rispondere a questi quesiti, con tanto di inedite rivelazioni, è lo scrittore e giornalista Maurizio Bonanno nel suo secondo libro dedicato ai Templari e dal titolo “I Cavalieri dell’ideale” (Il Cristallo edizioni). Messosi sulle tracce di questi frati-militari, iniziando dai monaci di Orval, passando per le misteriose Cattedrali gotiche fino ad arrivare in Italia, dove rileva elementi esoterici anche in Dante, Bonanno punta il suo sguardo sulla Calabria. In particolare sulla costa tirrenica. Proprio qui l’autore apre le porte ad ulteriori approfondimenti storici, restituendo al territorio quel volto tipicamente medievale intriso di monachesimo ed esoterismo.
È in questo modo che Maurizio Bonanno – anch’egli Cavaliere Templare aderente all’OSMTH (Ordo Supremus Militaris Templi Hierosolymitani) e direttore della sezione Conte d’Apice di Vibo dell’Accademia Templare – mette su questo interessante e complesso lavoro storico la cui ricerca a un certo punto – come lui stesso spiega – ha seguito un percorso inatteso grazie ad alcune scoperte che da sole hanno spianato la strada all’indagine storica.
Nel corso di quella che si è rivelata un’adrenalinica ricerca, Bonanno si imbatte infatti in alcune inaspettate rivelazioni che lo condurranno proprio a Vibo Valentia (la sua città) e precisamente in quel luogo che recenti scavi archeologici hanno portato all’antico splendore: il Castello di Bivona. Come c’è arrivato? È stato un nome a portarlo lì: Frà Oliviero di Bivona.
A spingere l’autore sulla strada del frate è stata l’archeologa Mariangela Preta che, intenta a sua volta a fare studi sullo stesso maniero, gli indica dei riferimenti bibliografici: ‘I Templari in Italia’ di Bianca Capone del 1977, la quale recupera da un antico volume, “Sicilia Sacra” del 1773, l’elenco dei templari calabresi imprigionati nel 1312. È in questa lista che compare il nome del frate, di cui quel “di Bivona” ha tutte le credenziali per far supporre che possa trattarsi di un templare che risiedeva nella località vibonese, e di sicuro non da solo. Ad avvalorare questa ipotesi sono poi i rinvenimenti durante gli scavi al Castello che hanno fatto intuire alla dottoressa Preta che la costruzione possa risalire ai secoli tra il 1000 – 1100, e quindi molto prima del 1300 come si era pensato.
Ma non finisce qui. A dare ulteriore forza alle teorie di Bonanno è proprio la costruzione del maniero in prossimità dell’antico porto di Agàtocle. Probabilmente – secondo l’autore – un punto strategico per l’Ordine Templare dedito al commercio, anche perché si trovava lungo la via Annia-Popilia che da Roma portava a Catona (Reggio Calabria) dove si salpava per il Medio Oriente, e percorso alternativo a quello della più trafficata via Francigena in Puglia.
L’autore nel suo libro rivela anche altri aspetti significativi e accattivanti sulla storia dei Templari in terra calabra. In particolare quando invita il lettore ad addentrarsi nella Calabria più segreta, più esoterica. Per esempio quando riferisce della piazza (esistente) a Monteleone (Vibo Valentia) fatta realizzare a forma di Pentalfa (cinque alfa intersecate) da Federico II di Svevia. O quando parla del mistero delle sette Abbazie calabresi che formano la costellazione della Vergine.
Ma oltre a ciò, da leggere attentamente sono poi le sue analisi sul perché quest’ordine sia stato represso e sul perché il neotemplarismo dovrebbe essere utile alla società di oggi.
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