La mostra che espone la raccolta fotografica di Carlo Levi mette in luce un aspetto poco noto del percorso artistico di questo grande intellettuale
ROMA – “Uno scatto che ci somiglia: la raccolta fotografica di Carlo Levi” è la mostra fotografica allestita fino al 16 dicembre 2021 presso la sede della Fondazione Carlo Levi. La mostra fa parte del progetto “L’archivio fotografico di un protagonista del Novecento: Carlo Levi”, a cura di Daniela Fonti e Antonella Lavorgna, vincitore dell’avviso pubblico “Strategia Fotografia 2020” del Ministero della Cultura.
Questa prima esplorazione dell’archivio fotografico di Levi rende evidente un aspetto sin qui scarsamente noto della figura del nostro grande intellettuale. La sua presenza fisica, intrecciata all’attività giornalistica e pittorica, contribuiva a dare spessore mediatico e risonanza agli eventi di cui era molto spesso protagonista.
La mostra fotografica
L’esposizione non si sviluppa lungo una linea cronologica che segue la vita dell’artista, ma prova a individuare i nuclei tematici rilevanti che rimandano al suo percorso artistico e umano. La sintesi è in 120 scatti organizzati in 8 sezioni: la famiglia; il mondo privato: gli amori; immagini del confino; l’atelier; i ritratti d’autore; i reportage dei grandi maestri; i suoi viaggi; la figura pubblica. Carlo Levi non ha mai scelto la fotografia come strumento espressivo autonomo, alla stregua della pittura, della scrittura narrativa, giornalistica, o poetica. Tuttavia la fotografia ha occupato un posto importante nella sua vita al punto da trasformarlo in un accurato raccoglitore di scatti che accompagnano tutto il percorso creativo.

L’Archivio
Le fotografie dell’Archivio, costituito da circa 10.000 fotografie delle quali 1500 sono online sul sito della Fondazione, restituiscono un altro “specchio” della sua composita avventura umana prima ancora che intellettuale e artistica. L’album di famiglia ci illumina sull’atmosfera placida e sui tranquilli riti di una famiglia borghese benestante del primo Novecento. Mentre non abbondano gli scatti che riguardano le sue relazioni con le tante figure femminili che hanno costellato la sua turbolenta vita sentimentale. Restano pochi, ma significativi, scatti presi durante il confino ad Aliano ma nulla che rinvii ai suoi molti rapporti con uomini politici, scrittori, artisti e intellettuali legati all’ampia rete clandestina di resistenza al nazifascismo.
L’Atelier
Un aspetto privato della sua vita di cui restano invece molte interessanti riprese fotografiche, anche d’autori noti, è quello dell’atelier nel quale l’artista svolge la sua attività di pittore e anche di scrittore. La ricchezza delle immagini relative all’atelier di Levi s’integra con la ricca galleria di suoi ritratti fotografici, molto spesso di grandi firme internazionali (Marilyn Gerson, Carl Van Vechten, Erich Hartmann e Anatole Saderman). Soprattutto nei primi anni Cinquanta Levi era in contatto con i più grandi maestri della fotografica internazionale che a Roma venivano anche perché attratti dall’atmosfera speciale che regnava in quel tempo (Henry Cartier-Bresson e David Seymour).
Carlo Levi e il Sud
Levi non ha più abbandonato il sud d’Italia dopo la coinvolgente esperienza del confino in Lucania, durato pochi mesi ma operativo nel suo mondo poetico e letterario per tutta la vita. Nel Sud e nelle grandi isole italiane è tornato molte volte, compiendo viaggi dai quali rientrava non carico di disegni e schizzi, ma di appunti fotografici ripresi da altri. Sempre alla ricerca di volti, espressioni, situazioni ambientali particolari che avrebbe poi ripreso nei suoi quadri. L’esempio più rilevante è costituito dall’eccezionale materiale fotografico realizzato da Mario Carbone durante un viaggio nel ’60 finalizzato all’esecuzione del grande telero Lucania’ 61 richiestogli da Mario Soldati per la mostra torinese celebrativa del Centenario dell’Unità d’Italia.
Immagine d’apertura: Carlo Levi mentre fuma il sigaro © Fondazione Carlo Levi
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